Il mito di Bellerofonte secondo Apollodoro

Narra Apollodoro nella «Biblioteca» di Atene.

Giovan Battista Tiepolo – Bellerofonte su Pegaso (Venezia, Palazzo Labia)

Il giovane Bellerofonte, nipote di Sisifo, simbolo dell’uomo astuto ed ingannatore, uccise incidentalmente il fratello, Deliade. Al fine di purificarsi da quell’atto sacrilego, si trasferì a Corinto, presso il re Preto.

Potremmo interpretare il tema del trasferimento in un’altra città oggetto del pellegrinaggio d’espiazione, che deve compiere l’Eroe, al fine di ritrovare lo stato edenico, attraverso il quale poter operare per il bene dell’umanità.

Chimera di Arezzo (Bronzo etusco)

La moglie del re, Stenebea, se ne innamorò, non ricambiata; risoluta si recò dal marito, confidandogli di essere stata sedotta, ma di non aver ceduto a Bellerofonte. Preto, allora, convocò il falso seduttore, perché consegnasse una lettera al re della Licia, Iobate, in cui era scritto che avrebbe dovuto uccidere il latore. Il nobile non si volle macchiare del delitto ed allora ordinò al Bellerofonte di uccidere la Chimera, sicuro che non avrebbe compiuto fino in fondo l’incarico.

Caravaggio – Scudo con testa di Medusa (Firenze, Uffizi)

Il mostro, figlio di Medusa (una gorgone, figlia della dea del mare) e Poseidone (il dio del mare, Nettuno per i romani) era un leone con coda di serpente sprigionante fuoco, sul dorso vi era la testa della capra: radunava la forza di tre belve in un corpo solo. La sua attività consisteva nel razziare il bestiame e terrorizzare gli uomini.

Elemento Acqua

La Chimera ha origine dall’elemento Acqua, essendo il babbo Poseidone e la mamma l’immortale Medusa, capace di pietrificare chiunque incrociasse il suo sguardo, ed, a sua volta, figlia del mostro marino Ceto (da cui cetaceo) e Forco, simbolo dei pericoli nascosti nella profondità delle acque. La descrizione del mostro riassume tre animali dai forti connotati simbolici, anche nell’aspetto infero; il leone rappresenta la superbia (ricordiamo l’accezione dantesca), il serpente è sinonimo di sapienza nella catalogazione aerea, in quella infera è l’ignoranza; la capra ricorda il dio Pan, il quale causava il panico nei boschi. Ricordiamo infatti la duplice ed opposta interpretazione di ogni simbolo, capace di scatenare la reazione furibonda degli Elementi, così come la loro improvvisa sedazione.

Al fine di combattere ed uccidere Chimera, Bellerofonte montò sul cavallo alato Pegaso, figlio – stranamente! – di Medusa e Poseidone, quindi fratello del mostro. Bellerofonte riuscì nella difficile impresa e tornò dal re Iobate.

In questa fabula, notiamo – ancora una volta e con maggiore evidenza – l’identità dell’Elemento, che l’uomo deve imparare a conoscere, al fine di esaltarne sempre la potenza costruttrice a danno di quella distruttrice.

Iobate ordinò all’Eroe di combattere i Solimi, abitanti dell’Asia minore, il cui fondatore era il semidio Solimo. Bellerofonte compì l’incarico in attesa di riceverne un’ulteriore: avrebbe combattuto contro le Amazzoni, le vergini guerriere, le quali furono sterminate. Il re Iobate allora ordinò ad alcuni giovani lici di uccidere l’Eroe, ma non riuscirono nell’impresa, perdendo la vita.

Iobate constatò l’imbattibilità del giovane, che aveva combattuto e vinto: la Chimera, il popolo dei Solimi, le vergini guerriere ed infine era riuscito a scampare ad un agguato, ordito da valenti lici. L’Eroe aveva superato ogni ostacolo, che s’era posto sul suo cammino, nella via realizzativa. Ebbe a leggere la lettera e prese in sposa Filinoe, la figlia del re, che, alla sua morte, gli lasciò il regno.

L’Eroe (da eros, amore) deve saper combattere le battaglie della vita, perché lo porteranno alla realizzazione della sua personalità, espellendo ogni riferimento egoico. In fondo, il mostro, i popoli, gli agguati si riferirebbero a tutto ciò che vive ed anima la nostra interiorità, vero ed unico ostacolo alla Via.

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