Le donne nella vita di Giacomo Leopardi: Adelaide Antici

Monaldo Leopardi (1776 . 1847)

Nel 1797, la diciannovenne Adelaide Antici andò in sposa al conte Monaldo Leopardi. La sua bellezza era severa: gli occhi splendidi ed intelligenti, sempre assorti e velati da una pensosa malinconia, i capelli castani chiari ricciuti e quindi ribelli e l’aspetto maestoso, quasi regale, così accordato al carattere vetusto del palazzo, che avrebbe preso possesso in qualità di sposa del Monaldo.

I due giovani incrociarono il primo sguardo, durante la festa di S. Vito, protettore di Recanati; si rividero al Corpus Domini; era entrata nel cuore di Monaldo, nonostante Adelaide fosse stata già promessa al conte Castracane di Cagli. Saputo dello scioglimento della promessa matrimoniale, Monaldo si recò dal fratello della fanciulla, il suo amico Carlo Antici, per chiederla in sposa. Carlo lo informò che la sorella sarebbe andata in sposa al conte Borgogelli di Fano, il quale attendeva la donazione della zia, per perfezionare l’accordo.

Tra la famiglia Castracane e Leopardi c’era un’antica ruggine; il conte di Cagli, infatti, si era presentato a Recanati, per conoscere Amalia, sorella maggiore di Adelaide, che trovò assai più attraente, cambiando quindi opinione sulla donna da portare all’altare. La famiglia di Monaldo intervenne, perché sposasse Amalia, ricevendo un garbato ma deciso rifiuto, poiché anch’egli anelava la mano di Adelaide.

Gli Antici non erano d’accordo colle pretese nuziali di Monaldo; la mamma del Conte anche intervenne presso il figliuolo, perché abbandonasse i suoi propositi affettivi. Monaldo, allora, condusse Adelaide a Pesaro, perché baciasse la mano alla futura suocera e con tal atto la pace tornò a regnare nei rapporti familiari. Molte furono le proteste e le insistenze, perché la neo coppia alloggiasse nel palazzo di Pesaro, alla fine gli sposini cedettero e la nuova contessa Leopardi ebbe occasione di stringere rapporti sinceri e cordiali, che avrebbe mantenuto a lungo.

Adelaide aveva trascorso la sua vita tra la casa e la chiesa, inducendo alla mitezza, alla benevolenza, nonostante un carattere ben più atto a comandare che ad obbedire. Il suo cattolicismo si esprimeva nella rigidezza, nella tirannia e, nonostante prendesse forza dalla fede, spesso rendeva tormentosa la sua vita e quella dei suoi vicini. Le sue idee si completavano con quelle del marito, sempre rispettose della società aristocratica e clericale, in cui vivevano; attenti al patrimonio ed al decoro della casa. Monaldo, rimasto orfano di padre da bambino, aveva richiesto ed ottenuto a diciotto anni l’amministrazione del patrimonio,  rivelandosi poco attento a non sperperare soldi. 

Nel 1798, nacque il primogenito: Giacomo; fu una gravidanza inquieta, tantoché il bambino nacque gracile e di debole costituzione, anche se sano e senza alcun difetto; nel 1799 nasceva Carlo e l’anno appresso Paolina. Nonostante le tre maternità, Adelaide non s’infiammò del calore della nuova condizione, dimostrandosi verso i figli in assenza di spontanea tenerezza, guidata solo dalla ragione.  Se Monaldo era incline ad aprir il portafogli, Adelaide non mostrava segni di prodigalità ed accortasi della piega non favorevole dell’economica domestica, intervenne recisamente, togliendo l’amministrazione al fatuo marito. Riuscì a cambiare totalmente lo stile della famiglia, pur non rinunciando alle facili comodità, a tenere intatta la fama di probità e l’onore del nome, com’era abitudine, ma tagliando ogni motivo di lusso. Nella lunga e difficile impresa, fu sostenuta da un vivo affetto per la casa, per la pietà religiosa e dalla vigoria caratteriale, salvando la famiglia dal disastro economico, ma, nel contempo, privandola del più misero affetto, che una madre dovrebbe donare ogni istante ai suoi pargoli, desiderandoli uomini anzitempo.

I ragazzi furono immediatamente educati a studi severissimi e faticosissimi sotto attenti precettori ed a pratiche religiose continue; Giacomo, gracile di natura, acquistò difformità fisica a causa dello studio, disturbato anche dall’eccessiva stretta tutela paterna, tantoché avrebbe immaginato di fuggire da casa. Adelaide, presa dall’amministrazione del patrimonio, dall’organizzazione della casa e dalla religiosità bigotta, non si accorse dell’inarrestabile declino fisico del figlio, il quale, scrive nell’«Appressamento della morte» del suo dolore, per non aver potuto parlare al mondo, mai rivolgendosi alla madre, ma alla Vergine. Adelaide non comprese il bisogno di libertà dei figli, e soprattutto di Giacomo, i quali vivevano senza vivere, tanto da desiderare la morte. Nel Poeta, si spense ogni vivacità ed allegria, mentre la fede e la speranza non ebbero più posto tra le possibilità. Eppure, Adelaide trovò il coraggio di scrivere a Giacomo il 29 novembre 1822:

«Sapete quanto io vi amo sinceramente e qual spina mi sia stata al cuore il vedervi sempre malcontento e di malumore…. abbiatevi moltissima cura e non trattate persone indegne…. amatemi e credete sempre all’affetto sincero della vostra affezionatissima madre, che vi abbraccia e vi benedice».

Sembrano parole espresse da un affetto sincero, che avrebbero comunque tenuto lontano Giacomo da Recanati. Anche Carlo si dolse del trattamento ricevuto dalla madre, alla quale avrebbe rivolto parole assai dure, rimproverandola per l’imperiosità insopportabile.

Monaldo fu sottomesso alla volontà della moglie, verso cui nutrì sentimenti di stima e forse di affetto, poiché nel testamento dichiara:

«Sono poi certo che i miei figli la rispetteranno e obbediranno come loro degna e venerata madre, rammentandosi qualmente essa, non solo è stata l’edificazione e la benedizione della famiglia con la sua costante religione e pietà; ma, con la sua saggia economia, prudenza e giudizio, ha ristaurato il patrimonio domestico dalle percosse dei tempi trascorsi; e se la casa nostra si è conservata in mezzo a tante burrascose vicende, questo è dovuto primieramente alla misericordia di Dio, e poi alle cure, diligenze e fatiche di questa savia, amorosissima donna».

Il comportamento inflessibile probabilmente doveva pesare ad Adelaide, attaccata comunque al suo dovere di donna, più di mente, che di cuore, dai propositi virili, che piegata verso le tenerezze materne.

In tutta l’opera di Giacomo, non vi è un accenno all’affetto di Adelaide, anche se il suo pensiero fu il frutto di tutta quella nobile vita, cui il Poeta fu educato.

Nel 1847, il poeta Filippo Zamboni si recò a casa Leopardi, per visitare la camera dov’era nato Giacomo; Adelaide era lì, austera, accanto al letto. Caduto lo sguardo su un quadro, lo scrittore ricordò Dante: «Benedetta colei che in te s’incinse!», la contessa esclamò: «Che Dio gli perdoni!», immaginando il Figlio tra le fiamme dell’inferno. La risposta riponeva tutta l’anima di Adelaide, colpa di cupi terrori religiosi, scatenati da un Dio terribile e non misericordioso.

Adelaide morì il 2 agosto 1857, «insigne per pietà ed affetto coniugale, mirabile nel ristorare l’economia domestica: con sé avara, premurosissima per la famiglia», chiosò il figlio Carlo.

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