Gabriele D’Annunzio e Eleonora Duse: «Sogno di un mattino di primavera».

Adolfo De Bosis (1863 – 1924)

I primi giorni del mese di gennaio 1895, il D’Annunzio li trascorse a Roma, ove avrebbe atteso alla prima uscita a puntate de «Le vergini delle rocce» per la rivista Convito, diretta dall’amico Adolfo De Bosis. Nonostante il settimanale versasse in acque finanziarie piuttosto agitate, era considerato comunque un punto di riferimento per il bel mondo culturale romano e diffuse i primi fermenti del nazionalismo e del futuro imperialismo coll’affermazione di una concezione eroica e violenta della vita. Lo stesso D’Annunzio ebbe a scrivere:

«Non è più il tempo del sogno solitario all’ombra del lauro e del mirto. Gli intellettuali, raccogliendo tutte le loro energie debbono sostenere militarmente la causa dell’intelligenza contro i Barbari».

Giovanni Pascoli (1855 – 1912)

Nella sede della rivista, dove era stato allogato dal De Bosis, il Poeta continuò a svolgere un’interessante attività amorosa con alcune nobildonne romane.

Nei primi giorni di febbraio, ricevette seimila lire dalla Francia, frutto del successo dei suoi lavori, nonostante avessero riscontrato contrastanti giudizi presso il pubblico e presso la critica transalpina. Un nuovo e più forte interesse fu suscitato attorno ai suoi lavori grazie alla conferenza del critico letterario René Doumic, presso la Sorbonne, e riportata successivamente nella rivista Revue Blue del 30 marzo.

Emilio Trevese (1834 – 1916)

Il Treves, intanto, sempre più consapevole dei risultati letterari del suo irrequieto autore, stampava la prima parte de «Le vergini»; in Francia «L’Enfant de Volupté» («Il piacere») conquistava sempre più larghe porzioni di lettori, nonostante le accuse di plagio di alcuni autori francesi.

Nel mese di aprile, iniziò a maturare il suo lento ed inesorabile allontanamento dalla Gravina, mentre si apprestava finalmente a porre fine al lavoro di scrittura de «Le vergini». A Roma, continuava la collaborazione con il Convito e, nelle sale della redazione incontrò, per la prima volta, il Pascoli.

Edoardo Scarfoglio (1860 – 1917)

Alla fine di giugno, finì il romanzo e nel mese di luglio andò in stampa, riservando il lancio nella stagione autunnale. Al fine di riposarsi dalle fatiche della scrittura, chiese allo Scarfoglio una crociera a bordo dello yacht, Fantasia, accompagnato dall’Hérelle, tra la Grecia e l’Oriente. Si riuscì a combinare l’auspicato viaggio, che avrebbe riservato anche degli spazi di lavoro per la traduzione in lingua francese del nuovo romanzo. L’Hérelle ne approfittò, per raccogliere notizie intime attorno alla vita del Poeta, che avrebbe testimoniato nelle Notolette dannunziane. Lo Scrittore confidò le gravi difficoltà del rapporto con la Gravina, già madre di quattro figli, autrice di furiose scenate di gelosia soprattutto nei riguardi dell’incontro, che Gabriele aveva avuto con la Duse; minacce, tentativi di suicidio. Egli si dichiarava legato ancora sensualmente alla Maria, ma decisamente stanco; seppur consapevole di essere stato una rovina per la vita della donna, meditava da tempo, oramai, di liberarsene, al fine di poter lavorare con tranquillità.

Il 29 luglio, tra il clamore della stampa, il pittore Guido Boggiani, Gabriele D’Annunzio, Félix Hubert d’Herelle, Pasquale Masciantonio, sindaco di Casoli, salparono alla volta della Grecia sullo yacht, Fantasia, di proprietà dello scrittore Edoardo Scarfoglio. Le note del viaggio furono minuziosamente raccolte dall’Hérelle, piuttosto risentito dalla facilità, con la quale gli amici italiani si dedicavano all’amore meretricio ed alla disinvoltura, con cui trascorrevano la mattina in spiaggia a prendere il sole completamente nudi.

Il primo agosto attraccarono a Patrasso, in terra greca, dove si fermarono fino al 16, visitando le città di Corinto, Micene e Tirinto e, quindi, Atene. A causa del forte maltempo, il viaggio verso Costantinopoli fu interrotto ed approdarono al Falero, a pochi chilometri dalla capitale greca; dopo parecchi giorni, toccata Milo, piegarono verso la Calabria, dove sbarcarono l’Hérelle, lo Scarfoglio ed il Boggiani, che si diressero in Sicilia, mentre Masciantonio e Gabriele, attraverso Brindisi, raggiunsero Pescara.  Quell’esperienza sarebbe stata raccontata ne «La città morta» ed, in parte, anche nell’«Alcyone».

Il 6 settembre il Poeta scrisse al Treves:

«A Micene ho riletto Sofocle e Eschilo sotto la porta dei Leoni. La forma del mio dramma è già chiara e ferma. Il titolo: “La città morta”».

Alla fine di settembre, Gabriele e la Gravina soggiornarono a Venezia; il giorno 26, il Poeta avrebbe incontrato la Duse, per parlare de «La città morta»; probabilmente fu la data in cui scoppiò il grande amore. In ottobre, si stabilì a Firenze, raggiunto da Eleonora; quindi si preparò per Roma, dove avrebbe dovuto comporre il discorso, che avrebbe dovuto tenere il 30 per la chiusura della Biennale, «Allegoria dell’autunno». Quando fu informato del rinvio della cerimonia veneziana, raggiunse, ancora una volta, la Duse nella città medicea.

L’8 novembre, finalmente, tenne il discorso presso la sala del ridotto del Teatro della Fenice, davanti al bel mondo culturale veneziano, dove ottenne un successo grandioso. Il giorno dopo, l’editore Paggi di Firenze pubblicò il discorso, che fu scritto e pensato con una pila di fogli e una grande quantità d’inchiostro e moltissime penne d’oca:

«Tutto ciò mi dà una voglia straordinaria di scrivere. Scrissi sempre con penne d’oca, perché ho la mano pesantissima e pongo una forza impetuosa nell’atto dello scrivere: nessuna penna d’acciaio resisterebbe all’impulso. Ne ho consumate, a volte, 26, 28 in un giorno».

Intensificò sempre più il suo rapporto con la Duse e presto i due divennero indivisibili; le prime lettere d’amore sarebbero corse dal 18 novembre 1895, durante il soggiorno milanese della coppia; anche se gli originali dannunziani sarebbero stati distrutti dalla figlia dell’attrice. Alla fine del mese, mentre l’attrice partiva per una serie di spettacoli in diverse città europee, Gabriele riparava a Francavilla con la Gravina, da dove avrebbe trattato coll’editore Treves la cessione de «La città morta», che già meditava d’inscenare a Parigi, protagonista Sarah Bernhardt.

Qualche giorno prima di Natale, si recò a Firenze, dove ricevette delle lettere da Eleonora; nella città medicea conobbe la ventiquattrenne Giulietta Gordigiani, figlia del pittore Michele, di cui s’innamorò. Le sue offerte non furono punto – sembra – accettate, essendo molto amica della Duse. Il Poeta si consolò disegnandole il personaggio di Donatella Arvale ne «Il fuoco». Molti anni dopo il Poeta definì il suo rapporto, durato un paio d’anni, con la ragazza, «torbidissimo».

Nei primi giorni di gennaio 1896, la Duse lo raggiunse a Firenze; il loro primo incontro avvenne tra il settembre ed il novembre del 1895, uniti dalla passione comune per l’arte e da precisi progetti lavorativi; presto la reciproca simpatia si sarebbe trasformata in una grande passione amorosa.

Eleonora Duse, nata nel 1858, aveva cinque anni più del Poeta; era all’apice della carriera, costellata da diversi ma sfortunati amori: superata una passione giovanile per Martino Cafiero, che – tra l’altro – l’aveva resa madre di un bimbo morto appena nato, si era sposata con un attore della sua compagnia, l’ingenuo Tebaldo Checchi, col quale aveva avuto una figlia. Essendo stato più volte tradito, il Tebaldo preferì lasciarla; allora la diva si consegnò nelle braccia dell’attore Flavio Andò, per legarsi infine allo scrittore Arrigo Boito, che tanta parte avrebbe avuto nella sua formazione culturale e nella traduzione dei testi scespiriani. La diva, capricciosa e volubile, nel 1894 voleva volgersi ad un nuovo amore e l’incontro con Gabriele fu fatale; lo Scrittore, oltremodo, le avrebbe dedicato la poesia più elegante, colla quale chiudere la sua strepitosa carriera.

Sarah Bernhardt (1844 – 1923)

D’Annunzio alla fine di gennaio tornò a Roma, al fine di preparare la rappresentazione parigina de «La città morta», in collaborazione con Gegè Primoli, in cui la primadonna, Sarah Bernhardt, sarebbe stata preferita all’amata Eleonora.

Intanto scoppiò, ancora una volta, una campagna contro D’Annunzio, orchestrata dalla Gazzetta letteraria, a firma Enrico Thovez, con cui si accusava lo Scrittore di debiti, se non proprio di autentico plagio nei riguardi del Carducci, di Lorenzo Stecchetti, e dai francesi Verlaine e De Musset. Quando la polemica riecheggiò su Le Figaro, Gabriele intervenne, sminuendo il valore di certi pretese plagi. Intanto, «La città morta», pur essendo chiaramente descritta, non prendeva forma letteraria; probabilmente lo Scrittore nutriva impedimenti, leggendo le lettere quotidiane della Duse, in cui l’attrice annunciava il suo presto ritorno dalle Americhe, per la rappresentazione della nuova tragedia. Anche le preoccupazioni per la fragile salute della Gravina, ammalatasi di tifo (guarirà nel mese di febbraio), preoccupò assai il Poeta, che stava vivendo l’ultimo periodo dello sfortunato amore.

Francesco Crispi (1818 – 1901)

Nei primi giorni di marzo, si tenne la Battaglia di Adua, che sancì la fine delle pretese colonialistiche italiane sul Corno d’Africa. Francesco Crispi si dimise da Presidente del Consiglio e si rischiò che la spinta anarchica rovesciasse la democrazia parlamentare, contro cui il D’Annunzio aveva rivolto aspre critiche ne «Le vergini delle rocce». Gabriele evitò ogni affermazione pubblica, sfogandosi in privato con l’Hérelle, mentre iniziava a coltivare l’idea di scrivere un nuovo romanzo, che prenderà forma, dopo molto tempo, ne «Il fuoco», in cui avrebbe trasfigurato la sua passione per la Duse. Per le feste pasquali – che quell’anno caddero il 4 aprile – il D’Annunzio si recò a Firenze, dove il figlio, Mario, sarebbe stato sottoposto ad un intervento chirurgico. La Gazzetta letteraria pubblicò alcune poesie di Dante Gabriel Rossetti, che aveva chiaramente desunto il suo lavoro dal «Poema paradisiaco»; la polemica fu feroce, ma si spense nel giro di poco tempo, quando si seppe che i lavori erano dei falsi, inviati al Thovez, noto antidannunziano, per trarlo in inganno.

Tornato a Francavilla, si occupò dei contatti cogli editori francesi, anche in vista del nuovo romanzo, che avrebbe dovuto avere per protagonista «una célèbre tragédienne italienne», come scrisse Le Figaro. Lavorò ad una profonda revisione del «Canto novo» e fu coinvolto in larghe dispute coll’editore Treves, piuttosto restio ad anticipare i denari, pressantemente richiesti da Gabriele.

Nei primi giorni di giugno, andò a Venezia, per incontrare la Duse, la quale, saputa la mancata realizzazione della tragedia, organizzò degli spettacoli in Germania e nella lontana Russia. Nella città lagunare incontrò intellettuali ed artisti, registrando ogni frequentazione sui «Taccuini». Alla fine del mese, tornò a Francavilla, dove trovò una sempre più esausta Gravina ed una cresciuta Cicciuzza. Si dedicò alla stesura definitiva del «Canto novo», che, finalmente completato, inviò al Treves. Il 14 luglio, iniziò la stesura de «Il fuoco», mentre «La città morta» ancora non era stata fermata sulla carta, avendo già la Bernhardt firmato un contratto per la sola scena parigina, essendo stata assegnata alla Duse la prima italiana, che si sarebbe dovuta tenere nel mese di novembre. L’attrice radunò la compagnia, quando seppe, da alcuni giornali parigini, che la tragedia sarebbe andata in scena al teatro parigino Renaissance: desiderava vincere sulla rivale, finché, stretta dalle difficoltà create ad hoc da Gabriele, troncò ogni rapporto collo Scrittore e si riavvicinò al Boito.

Il 30 settembre, D’Annunzio iniziò la stesura della tragedia, completandola in quaranta giorni, aiutato dal fido Hérelle, che lavorò gratuitamente. Alla fine di dicembre, il lavoro fu recapitato alla Bernhardt, che, pur dichiarandosi entusiasta, rimandò la rappresentazione all’autunno venturo. Fu un brutto colpo per Gabriele, che riparò a Roma, alla fine del mese gennaio 1897, dedicandosi pienamente alla vita mondana, corteggiando le donne del mondo nobiliare e riallacciando i rapporti con la moglie, Maria.

In febbraio, arrivò nella capitale la Duse, che, attraverso Adolfo De Bosis, contattò il Poeta, al quale reclamò un contratto d’esclusiva per l’Italia per la rappresentazione de «La città morta» entro il 1900. In marzo, la Bernhardt invitò la Duse a recitare nel suo teatro; Gabriele le propose un suo lavoro: «Sogno di un mattino di primavera», che avrebbe scritto appositamente. Si ritirò nel vecchio albergo di Albano, luogo consacrato all’amore per «Barbara» ed in dieci giorni licenziò il lavoro: un delirio erotico di sadismo e necrofilia, che piacque ad Eleonora, la quale stese un nuovo contratto, che sancì la definitiva riappacificazione tra i due ex amanti.

Il 2 maggio, intanto, Maria Gravina metteva al mondo un altro figlio di Gabriele, che non avrebbe riconosciuto, sconoscendone la paternità ed attribuendola ad un cocchiere.

Sempre nel mese di maggio, il «Sogno» fu spedito a Parigi per una traduzione, pubblicata sulla Revue de Paris, della tragedia, che sarebbe andata in scena il 16 giugno. Il critico de Le Temps giudicò puerile, pretenzioso e noioso il testo, distinguendo la grande capacità espressiva della Duse, che aveva raccolto un personale successo di pubblico, che in Italia, sarebbe diventato l’annuncio di una clamorosa accoglienza della tragedia. Il Corriere della sera offrì il compenso di mille lire, perché Gabriele pubblicasse il testo italiano, che fu anche stampato dalla Tipografia Cooperativa Sociale. Improvvisamente, tutto cambiò nella vita del Poeta, che ricevette anche l’offerta, accettata, di candidarsi per i Conservatori alle elezioni nel collegio di Ortona a Mare per la Camera dei Deputati. La spuntò sul candidato delle Sinistre, orchestrando una perfetta campagna di stampa a scopo pubblicitario. Al fine di ritemprarsi dalle fatiche elettorali, il Poeta, accompagnato dalla Duse, si rifugiò per alcuni giorni ad Assisi, quindi a Roma, dove avrebbe desiderato realizzare un grande teatro all’aperto, sull’esempio di Richard Wagner a Bayreuth. La notizia presto iniziò a circolare ed interessare vivamente Gordon Bennet, proprietario del New York Herald, che si trovava in quei giorni a Venezia, diverse nobildonne italiane. L’inaugurazione fu fissata il 21 marzo 1899 con la «Persefone» di D’Annunzio, interpretata dalla Duse; quindi l’«Agamennone» di Eschilo, l’«Antigone» di Sofocle, «La città morta» e il «Sogno», che fu rappresentato il 3 novembre presso il teatro Rossini, che non piacque molto; ne presentò una seconda rappresentazione, dopo alcuni giorni, a Milano, senza particolari sussulti.

Nel mese di Dicembre, Gabriele giurò quale deputato dell’Estrema Destra, partendo poco dopo per Francavilla, per interrompere il suo rapporto colla Gravina. La contessa si trasferì quindi a Roma, aprendo una pensione nei pressi di Montecitorio, reclamando soldi al Poeta, padre dei suoi due figli, il quale viveva in una camera ammobiliata in Prati, intento alla scrittura de «Il fuoco». In dicembre la Duse presentò il «Sogno» presso il Teatro Valle di Roma, alla presenza della regina Margherita, che applaudì col pubblico la prova della diva, mentre il Poeta, accomodatosi in un palchetto in piacevole compagnia, riceveva fischi e disapprovazioni

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