«Forse che si forse che no» di Gabriele D’Annunzio

Natalia De Goloubeff (1879 – 1941)

Il 22  aprile del 1909, il Poeta e Natalia De Goloubeff soggiornarono a Pisa, al fine di affittare per l’estate due villette presso la Marina. Nel capoluogo, Gabriele incontrò Jacques Rouché, direttore del Théatre des Arts di Parigi e della Grande Revue, per organizzare la messa in scena de «La Nave» e «Fedra»; riuscì anche a stipulare un accordo per la pubblicazione del prossimo romanzo sulla Grande. Natalia rientrò a Parigi nei primi giorni di maggio, mentre lo Scrittore si ritirò a Settignano, dove continuò a scrivere lettere, firmandosi con lo pseudonimo preferito: Elabani, mentre la donna, ancora inviperita per non aver preso parte alla prima di «Fedra», iniziava a tradurre in francese la tragedia, di cui Gabriele non si mostrava affatto entusiasta.

La solitudine nella Capponcina cominciava a pesargli, tanto da scrivere all’amante, per informarla che si sarebbe recato a Roma alla ricerca di distrazioni. Durante il soggiorno, iniziò a frequentare l’aeroporto militare di Centocelle, dove incontrava il tenente Calderara, perché lo fornisse del necessario apparato tecnico, al fine di scrivere un romanzo sull’aviazione, il «Forse che si forse che no». Cercò anche d’intrattenere dei rapporti, per essere invitato in Sud America, dove avrebbe desiderato tenere delle conferenze, informandone il Treves, al quale chiese anche mille lire in prestito, perché potesse tornare a Settignano. L’editore mancò alla richiesta e così, Gabriele dovette rimanere – suo malgrado – a Roma, dove organizzò un magnifico pranzo di arrivederci con gli amici più cari ed un nutrito numero di dame, tra cui la marchesa Carla Fuerte e la principessa D’Antuni. L’appuntamento conviviale sarebbe dovuto essere evaso dal Treves, cui il D’Annunzio avrebbe offerto in garanzia un residuo di 13.000 lire, che avrebbe dovuto ricevere dall’amministrazione della Grande Revue. L’editore non accettò e il Poeta – suo malgrado – dovette rimanere nella capitale, fin quando, il 24 giugno, non arrivò da Pisa un’automobile, inviata dalla Natalia, la quale s’era già trasferita nel capoluogo toscano.

Guido Treves (1875 – 1932)

La coppia visse intense giornate di amplessi, interrotte dal viaggio a Milano del Poeta il primo di luglio, invitato a partecipare al matrimonio di Guido Treves, futuro erede di Emilio. Avendo ricevuto tremila lire dall’editore, pensò bene di andarsene a Roma e tornare a Pisa il 14 di luglio, dopo aver sciupato la preziosa rendita. Trascorse la fine del mese nella capitale, per poi allogarsi a Bocca d’Arno, tra le braccia della sua giovane amica, mentre gli esattori inviavano dei fattorini, per sequestrare gli arredi della Capponcina: «Avrei dovuto nascere principe», scrisse al Treves, che rispose: «Se fossi nato principe avresti mangiato il principato». L’estate la trascorse con la Natalia, anche se il rapporto tra i due iniziava a mostrare i primi cedimenti, in quanto il Gabriele stava rallentando i convegni notturni.

Alessandra Carlotti Di Rudinì (1876 – 1931)

Il 22 agosto, iniziò la stesura di «Forse che si forse che no», pretendendo dal Treves uno stipendio mensile in cambio delle pagine del romanzo. Grazie alla nuova provvisoria rendita, poté visitare i luoghi tra Mantova e Brescia, dove sarebbe stato ambientato il lavoro. A Montichiari, assistette al primo circuito aereo organizzato in Italia, per arricchire il romanzo con fatti reali, poiché denunciava l’incapacità di ritrarre ciò che non aveva visto coi suoi occhi. Incontrò diversi amici, tra cui l’Alessandra Di Rudinì, che non si accostò. Il 12 settembre, Gabriele, accompagnato dall’imprenditore Glenn Curtiss ed il pilota di Sottotenente di Vascello Mario Calderara, volò per due volte sulla brughiera di Montichiari: «E’ una cosa divina, non penso che a volare ancora», scrisse alla Natalia, che raggiunse il 14 a Pisa.

Nei primi giorni di ottobre, telegrafò alla Alessandra, la quale gli chiese di scriverle ogni tanto, per informarla sul lavoro di letterato.

Alla fine del mese, partì, accompagnata dalla Natalia, a Volterra, per prendere preziosi appunti da trasferire nel romanzo. Il 14 novembre, la donna tornò a Parigi, lasciando Gabriele immerso nel lavoro, che concluse il 6 gennaio, riempiendo così 914 cartelle. Avvisò l’editore, che decise la pubblicazione in due tempi, al fine di ravvivare l’interesse della stampa. La critica si rivelò piuttosto dura, contestando allo Scrittore la ripresentazione dello stesso schema, intriso di «passione mortale», un dramma di «essenza crudelissima», in cui aveva contestualizzato la sua storia colla Mancini, vestendo se stesso dei panni dell’aviatore Paolo Tarsis. Il romanzo provocò anche qualche strascico legale: la nobile famiglia degli Inghirami di Volterra, si rivolse ad un avvocato, poiché il nome era stato coinvolto in una storia d’incesto e di martirio. Oberato come sempre e sempre più dai debiti, Gabriele, non potendo più pretendere dal suo editore, si rivolse ad un certo Pilade Frattini, ottenendo trentamila lire in anticipo per un giro di conferenze nelle principali città italiane a sfondo nazionalistico. Il testo fu scritto a Marina di Pisa, dove stese anche la prefazione al volume di Hans Barth, «Osteria».

Giovanni Pascoli (1855 – 1912)

Il 21 febbraio iniziò il ciclo delle conferenze, mentre Natalia rientrava a Parigi, cogliendo grande successo in ogni città. Mentre lo Scrittore era a Bologna, fu raggiunta dall’amante; incontrò per l’ultima volta Giovanni Pascoli nella casa in Via dell’Osservanza. Sempre a Bologna, ebbe la ventura di conoscere Giovanni Del Guzzo, amante dei letterati più che della letteratura. Aveva costruito una fortuna in Argentina e, saputo dei problemi economici, che assillavano il Gabriele, aveva deciso di aiutarlo. Gli propose delle conferenze in occasione della Celebrazione della Liberazione, che si sarebbe tenuta a Buenos Aires in cambio del pagamento dell’ingente indebitamento. Diventarono, ben presto, una coppia: col D’Annunzio andò a Genova, dove l’impresario, Pilade Frattini, aveva organizzato l’incontro presso uno stanzone al Lido d’Albaro (oggi Nuovo Lido). Al convegno pochi furono i convenuti ed il Poeta si rifiutò di parlare, abbandonando il ciclo delle conferenze e l’indomani partire per Pisa con Giovanni Del Guzzo, col quale si sarebbe recato dal notaio, al fine di verificare l’esatta corrispondenza debitoria, accertata per 480.000 lire. Il 17 marzo, il Gabriele partiva per Pescara, trovando la madre in uno stato di seminfermità mentale. Spedì un telegramma al Pascoli e delle violette a Natalia, perché le tenesse sui seni, affinché poi le potesse mangiare. Il 21, incontrò il Del Guzzo a Genova, al fine di stilare gli ultimi accordi per il viaggio transoceanico.  Il D’Annunzio promosse il desiderio patriottico di visitare il Sud America; quindi inviò un messaggio al Presidente, Roque Sáenz Peña, con un copia di «Forse che si forse che no», annunciandogli una composizione poetica, che celebrasse il centenario della Repubblica.

Romaine Brooks (1874 – 1970)

Affidò diversi manoscritti al Del Guzzo, tra cui «La Gioconda», la «Francesca da Rimini», il «Laus vitae», in cambio della liquidazione totale dei debiti, prima della partenza per l’Argentina. Il 23 marzo 1910, fu firmato il contratto, che prevedeva l’invio di quindicimila lire per i preparativi del viaggio e l’ottanta per cento degli incassi (stimati attorno alle duecentomila lire). Il giorno dopo il Del Guzzo partiva per il Sud America, convinto di essere raggiunto dal Poeta dopo un breve soggiorno a Parigi, dove avrebbe incontrato Natalia e la pittrice Romaine Brooks.

Maria Hardouin di Gallese 1864 – 1954)

In Francia la sua fama di scrittore era ravvivata dalla ristampa dei suoi lavori. Il 25 marzo si rifugiò all’Hotel Meurice con la famelica Natalia, per poi vivere la mondanità parigina. La moglie, Maria di Gallese, organizzò un evento in suo favore, suscitando le meraviglie della stampa italiana e transalpina. Il 12 aprile, incontrò Auguste Rodin, mentre il 19, il Journal des Débats lo annunciava ospite della contessa Greffuhle; il 21 era con la moglie all’Académie française, per presenziare all’ammissione di Marcel Prévost. Il più bel mondo parigino impazziva per gli annunci sensazionali del Poeta, che avrebbe scritto un romanzo ambientato a Parigi; e poi drammi, commedie e perfino la costruzione nella capitale di un teatro, perché vi potesse rappresentare i suoi lavori. Henri de Régnier lo annotò nel suo Journal: «Lo guardo: è piccolo, nervoso, striminzito, sciupato in viso, ha l’aspetto di un personaggio della commedia dell’arte, l’aria furbesca di un Arlecchino che abbia ucciso Pierrot. E’ brutto, pieno d’energia, ha un naso enorme. Parla molto bene il francese, con una perfetta scelta delle parole. E’ antipatico e seducente, amabilissimo».

A causa della vita assai dispendiosa, che il Gabriele continuava a trascorrere, finì i soldi del Del Guzzo ed allora si rivolse ad un certo Archibald, il quale, su garanzia della Società degli Autori, gli favorì un’enorme prestito, che trattenne per diverso tempo il Poeta nella capitale francese, nonostante le continue lettere, che riceveva dal Del Guzzo. Lo Scrittore anziché tener fede al contratto firmato, continuava a chiedere soldi; l’impresario chiese almeno l’ode promessa e Gabriele rispose: «Situazione orrenda causata tue promesse scandalo enorme m’hai tradito. Non mano ode né parto».

La situazione era orrenda a causa degli atti esecutivi sui beni rimasti alla Capponcina, mentre i giornali italiani e francesi raccontavano ogni particolare della tenzone.

Il Del Guzzo, costretto a saldare l’impegno col Banco di Roma, si trovò praticamente in miseria.

Marcel Proust (1871 – 1922)

Intanto a Parigi, usciva tradotto «Forse che si forse che no», accolto piuttosto negativamente dalla critica, che ritenne il romanzo retorico, caotico, nonostante affiorasse il valore in qualche pagina. Marcel Proust intervenne in una conferenza elogiativa dedicata al Poeta e definì «incomparabili» le frasi citate dal suo amico oratore, Robert de Montesquiou.

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