«Achille in Sciro» di Pietro Metastasio

PERSONAGGI

LICOMEDE re di Sciro.

ACHILLE in abito femminile, sotto nome di Pirra, amante di Deidamia.

DEIDAMIA figliuola di Licomede, amante l’Achille.

ULISSE ambasciator de’ Greci.

TEAGENE principe di Calcide, destinato sposo a Deidamia.

NEARCO custode d’Achille.

ARCADE confidente d’Ulisse.

CORO di baccanti

CORO di cantori

Nella macchina

LA GLORIA

AMORE

IL TEMPO

CORO de’loro seguaci.

L’opera fu presentata presso il Teatro della Corte di Vienna il 13 febbraio 1736, su musica di Antonio Caldara; successivamente l’opera fu scelta per l’inaugurazione del Teatro S. Carlo di Napoli il 4 novembre 1737 su musica di Domenico Sarro; quindi ripresentato nuovamente nel teatro partenopeo il 4 novembre 1759 su musica di Johann Hasse.

Quando si raccolsero le forze greche per la guerra di Troia, una predizione aveva giudicato impossibile la conquista della città, se nel manipolo non avesse avuto posto Achille, figlio di Teti e di Peleo. Quando la notizia giunse al babbo, si condusse in Tessaglia, dove Chirone stava educando Achille, per trarlo a sé e, vestito d’abiti femminili, affidato ad un suo confidente, Nearco, perché lo conducesse presso l’isola di Sciro, sede di Licomede e, sotto il nome di Pirra, fosse riconosciuto quale figlia del re. Achille – Pirra fu accolto fra le ancelle della principessa Deidamia, figliuola di Licomede, di cui, presto, si sarebbe innamorato, rivelandosi e vivendo, così un grande amore. Nearco, accortosi della tresca, incoraggiò i due giovani amanti, perché Achille vivesse sempre più devoto alla donna, dimenticando la natura bellicosa, che aveva in odio quelle vesti poco acconce. L’armata greca intanto seppe, dove fosse nascosto Achille; fu inviato quindi a Sciro Ulisse, il più accorto tra gli uomini, perché chiedesse al re un aiuto militare per l’assedio troiano, tacendo la reale impresa: quella di scoprire se Achille ricevesse davvero ricovero. Ulisse arrivò, mentre la città era dedita alle feste in onore di Bacco; immediatamente scoprì chi si celasse sotto le vesti femminili di Pirra ed, avvicinatolo lo convinse a seguirlo. Avvisata Deidamia, Achille si trovò nell’infelice ruolo tra la giovane, che amava ed i doveri di servire la patria in armi. Saputo il re la triste situazione, si propose di scioglierla, affidando ad Ulisse il giovane, raccomandandogli, nel contempo, di esser fedele alla figlia.

La scena si finge nella reggia di Licomede, in Sciro

Sulla piazza, il coro delle baccanti sta celebrando Bacco, il cui tempio s’intravede sullo sfondo. Da una parte il mare, dall’altro il bosco sacro.

Il coro inneggia al dio, quando dal mare odesi uno squillo di tromba; la principessa Deidamia accenta:

Chi temerario ardisce

Turbar col suon profano

Dell’orgie venerate il rito arcano?

Tutto il corteo si dirige verso la marina, mentre Pirra – Achille e la principessa restano soli. Deidamia suggerisce di fuggire, per tema dei pirati, mentre Achille si mostra assai rassicurante con la giovine, che lo invita a non dichiararsi, poiché il Re

Una donzella

Sai che ti crede, e si compiace e ride

Del nostro amor;

Nearco è preoccupato, perché alcune ancelle si sono accorte che Pirra – Achille, è sempre diviso dal resto delle fantesche. Li invita, quindi, a recarsi nella reggia, perché si è accorto dell’improvviso cambiamento di Pirra – Achille, quasi rapito dal suono guerresco delle squille. Mentre Deidamia raggiunge la reggia, il giovane si avvia verso il porto, per vedere le navi, che stanno per attraccare. Il dolce rimprovero di Deidamia convince Pirra – Achille a cambiar idea e quindi la segue.

Nearco si reca al porto, non accorgendosi di essere seguito nascostamente da Achille, seguito, a sua volta, da Deidamia.

L’uomo rimprovera il ragazzo:

Ma non ti crede

Ognuno il padre mio? Qual meraviglia

Che appresso al genitor resti una figlia?

Deidamia potrebbe essere sdegnata, ma il giovane continua a rimirare la bellezza delle armi, con cui sono cinti i marinai. Ciò provoca una rabbia interiore, per cui confessa:

Nearco, io son già stanco

Di più vedermi in questa gonna imbelle;

Nearco s’inalbera per sì vile richiesta e suggerisce di recarsi immediatamente da Deidamia, il cui padre dovrà ricevere Teagene, principe di Calcide, promesso sposo.

Nearco riconosce tra i marinai Ulisse; spera di non essere riconosciuto.

E qual cagione

Qui lo conduce? Ah! non a caso ei viene.

Saputo il nome dello straniero, Nearco vorrebbe condursi dal re, al fine d’annunciare l’arrivo della nave; Ulisse lo ferma, chiedendogli:

Odi. E tu sei

Servo di Licomede?

Quindi lo sottopone a diverse domande, alle quali l’uomo risponde senza turbamento, ma quando Ulisse gli domanda, perché si troverebbe in quei lidi, evita di rispondere, adducendo l’impazienza del re.

Appena rimane solo, Ulisse confida ad Arcade di aver riconosciuto Nearco e quindi immagina che sia con lui Achille; comanda all’amico, con discrezione, d’informarsi:

Cerca, dimanda

Chi sia, come qui venne, ove dimora,

Se alcuno è seco.

Qualsiasi indizio potrà essere utile.

Dagli appartamenti di Deidamia, il re ordina alla figlia di condursi in giardino, in attesa dell’arrivo del pretendente, Teagene, il quale ancora non è giunto all’amoroso appuntamento. Achille è sorpreso di veder sola l’amata, alla quale rimprovera le imminenti nozze. La principessa si schernisce, dicendosi addolorata per le tede nuziali, giurando che giammai rinuncerà all’affetto dell’Eroe troiano, al quale ricorda

Se possibile è pur, che abbi più cura

Di non scoprirti.

Il comportamento, quale ancella, è piuttosto ambiguo a causa di certi sguardi e certe piacevoli, eccessive attenzioni; appena l’occhio è distratto dai bellici strumenti, allora un immediato cambio di umore:

Già feroce diventi;

Escon dagli occhi tuoi lampi e faville:

Pirra si perde e comparisce Achille.

Achille ammette la sua natura, che sarà difficile assai domare, allora Deidamia replica:

È dura impresa

Anche l’opporsi a un genitor. Poss’io

Dunque con questa scusa

Accettar Teagene.

All’udire il nome del rivale, Achille promette di cambiare:

Terrò gli sdegni a freno,

Non parlerò più d’armi; e de’ tuoi cenni

Se più fedele esecutor non sono.

Corri in braccio al rival, ch’io ti perdono.

La coppia si avvede d’esser spiata. Ulisse, avanzandosi, chiede dove si trovino le stanze del Re; infatti, egli vorrebbe chiedergli udienza, al fine di domandare aiuti militari per la guerra contro la città di Troia; Deidamia gl’indica le stanze.

 Ulisse, rimasto solo, nutre un sentimento:

Per tutto mel dipinge, o Pirra è Achille.

[…]

Quel parlar… quegli sguardi…

Prima di procedere, decide d’indagare ancor più a fondo.

E’ sorpreso dal giungere improvviso dall’amico Arcade, il quale riferisce di aver saputo dell’amore che Nearco, custode di Ulisse, è giunto a Sciro l’anno precedente, accompagnato da una figlia (Achille), molto amica della principessa Deidamia.

Ulisse è accompagnato dal sopraggiunto Nearco presso le stanze del re.

Deidamia protesta il comportamento ad Achille, il quale, quando sarà giunto davanti a Teagene, sicuramente reagirà male, scoprendosi. L’eroe chiede all’amata di accettare la sua presenza nascosto in qualche parte, ma arriva Teagene. Alla vista, Achille è preso da un impeto di rabbia, immediatamente rimproverato da Deidamia; Achille la rassicura:

Un impeto primiero

Fu questo: è già sedato. Or son sicuro.

Deidamia lo raccomanda di tacere. Il re presenta alla figlia il pretendente.

Chi ascolta, o principessa,

Ciò che de’ pregi tuoi la fama dice,

La crede adulatrice; e chi ti mira,

La ritrova maligna. Io, che già sono

Tuo prigionier, t’offro quest’alma in dono.

A queste parole, Achille improvvisamente esce dal nascondiglio:

Non déi… Pirra! che vuoi? Parti.

Achille torna a nascondersi; Teagene chiede chi sia la giovane donna, che poco prima si è mostrata, il Re risponde:

È Pirra il solo

Amor di Deidamia. Altre non vide

Più tenere compagne il mondo intero.

Interrogata la principessa a proposito del futuro sposo, si schernisce, mostrando vergogna; il re lascia soli i due.

Teagene prova a dimostrare il suo amore per la bella principessa, la quale risponde:

Non parlarmi d’amor: ne son nemica.

[…]

Non soffro amori,

Non voglio amanti:

Troppo mi è cara

La libertà.

Quindi, mentre si sta allontanando con Achille, deve soffrire la dura reprimenda del Principe:

Giusti numi, e in tal guisa

Deidamia m’accoglie! In che son reo?

Che fu? Seguasi.

Achille gl’impedisce il passo; si sviluppa un feroce alterco tra i due rivali, ma a poco a poco la rabbia di Teagene si trasforma in attenzione verso Achille, cui vorrebbe ubbidire, per sapere il motivo della rabbia

Mi guardi! ti confondi!

Qual cambiamento è il tuo? Parla! rispondi

Achille non apre bocca:

[…] gela il labbro e tace:

Lo rese amor loquace,

Muto lo rende amor

Teagene immagina che le parole siano a lui indirizzate: forse anche Pirra – Achille non è poi indifferente al principe.

Atto secondo. Logge terrene adornate di statue rappresentanti varie imprese d’Ercole.

Arcade comunica ad Ulisse di aver preparato i doni per il re

Mischiai fra quelli

Il militare arnese

Lucido e terso.

I marinai sono stati istruiti, perché dovranno simulare un tumulto guerresco, affinché si scopra Achille, il quale certamente cambierà d’umore, vedendo il militare arnese, un elmo di guerra. Quando poi ascolterà il suono delle trombe guerriere allora rivelerà la sua natura.

Giunge Achille, Ulisse – nascosto- declama la bellezza delle tante statue di eroi di guerra, che sono conservate con cura nella Loggia:

Eccoti Alcide

Lo spirito guerrier.

Che l’idra abbatte. Ah! gli si vede in volto

Ecco quando dal suolo

Solleva Anteo per atterrarlo; e l’arte

Qui superò se stessa.

Arcade intanto informa del cambiamento d’umore di Achille, quando improvvisamente arriva il re, Licomede, ed Ulisse termina repentinamente il racconto, per invitare l’ospite a cena e rassicurare dell’aiuto militare:

vedrai di quanto

Superai la richiesta, ed a qual segno

Gli amici onoro e un messaggier sì degno.

Ulisse si proferisce in grandi ringraziamenti ed assicura che il suo aiuto sarà noto a tutti gli alleati.

Licaone chiede a Pirra di convincere la figlia, Deidamia, a sposare Teagene:

Tu le insegnassi a rispettar d’un padre;

Che i merti del suo sposo

Le facessi osservar; che amor per lui

Le inspirassi nel seno, onde l’accolga

Com’è il dover d’un’amorosa moglie.

Achille si ritiene insufficiente a tale prova. Entra Nearco, per annunciare l’inizio del banchetto; conclude il re:

Pirra, i miei sensi: a te mi fido. Ah! sia

Frutto del tuo sudor la pace mia.

Achille confessa a Nearco di essere giunto al limite della sopportazione e, risoluto, intende svestire gli abiti femminili, che è costretto da troppo tempo ad indossare. Nearco, vista la determinazione del giovane, accetta:

è tempo

Che dal sonno ti desti,

Che ti svolga da questi

Impacci femminili, e corra altrove

A dar del tuo gran cor nobili prove.

Deidamia ne soffrirà assai, ma i trofei di guerra saranno giusta ricompensa a sedare il dolore, che proverà. Per Achille, nessun trofeo varrebbe il cuore della principessa; in un atto di resipiscenza , depone ogni decisione.

Nella Scena Settima ci trasferiamo in una sala da pranzo.

Il re inneggia ad un brindisi; Deidamia chiede ad Achille, che le sta accanto in piedi, di versare del cretense liquor. Teagene, poco distante, si accorge degli sguardi intercorsi tra le due giovane e ne rimane perplesso.

Ulisse informa il re che i greci attendono il suo ritorno, per partire verso la città di Troia. Achille è distratto dal dialogo e ciò attira l’attenzione di Ulisse, il quale decanta le opere belliche, cui l’anziano re, Licomede non potrà partecipare:

Ove mirar più mai

Tant’armi, tanti duci,

Tante squadre guerriere,

Tende, navi, cavalli, aste e bandiere?

Tutta Europa v’accorre.

Quindi la provocazione verso Achille:

Chi d’onore

Sente stimoli in sen, chi sa che sia

Desio di gloria, or non rimane.

Colui che non parteciperà alla guerra sarà colto dall’ira divina.

Licomede ordina a Pirra di suonare, per allietare il banchetto:

Se un core annodi,

Se un’alma accendi,

Che non pretendi,

Tiranno Amor?

Vuoi che al potere

Delle tue frodi

Ceda il sapere,

Ceda il valor.

Il suo canto è interrotto dal corteo, che reca al re i doni di Ulisse, tra cui un’armatura, che immediatamente coglie lo sguardo di Achille; quindi vesti, vasi, gemme e delle armi. Deidamia, accortasi dell’interesse, richiama l’ancella al suo incarico, quando un grido d’allarmi interrompe il banchetto e mentre ognuno cerca una via di fuga, Achille è il solo a non scappare. Arcade informa Ulisse che i suoi uomini per ignota ragione stanno combattendo contro le guardie di Licomede:

Non so per qual cagion fra lor s’accese

E i custodi reali

Feroce pugna. Ah! qui vedrai fra poco

Lampeggiar mille spade.

Achille si getta nel tumulto e, dopo aver gettato a terra la cetra, imbraccia le armi, dono di Ulisse, il quale, immediatamente, s’avvede che Pirra non è altri che Achille:

 E qual sarà, se non è questo, Achille?

Anima grande,

Prole de’numi, invitto Achille, al fine

Lascia che al sen ti stringa.

Ulisse lo invita a stringere le armi per la Grecia, che lo sta aspettando; egli accetta

Guidami dove vuoi… Ma… (si ferma)

ULISSE. Che t’arresta?

ACHILLE. E Deidamia?

Ulisse lo rassicura che presto tornerà da Deidamia carico di gloria:

Guidami, Ulisse,

L’armi a vestir. Fra questi ceppi avvinto

Più non farmi penar.

Nearco chiede ad Achille cosa potrà dire alla sua Deidamia:

Dille che si consoli;

Dille che m’ami; e dille

Che partì fido Achille,

Che fido tornerà.

Nearco, saputo dell’imminente partenza d’Achille, teme per la sua persona, quando Deidamia gli chiede di Achille. L’uomo preferisce confessarle la verità:

Ah! l’ha scoperto Ulisse,

L’ha sedotto, il rapisce.

La giovane chiede disperatamente che tenti ogni opportunità, al fine di trattenerlo; Nearco accetta l’incarico:

Io partirò, ma in vano.

In preda alla più cupa disperazione, Deidamia decide di recarsi al porto, onde Achille, vedendola, rinunci al proposito, quando Teagene le chiede, ancora una volta, di donargli il cuore e di unirsi in matrimonio al nuovo giorno. La risposta della principessa è risoluta:

Non vedi, tiranno,

Ch’io moro d’affanno;

Che bramo che in pace

Mi lasci morir?

Terzo Atto. Ci troviamo in prossimità del porto. Achille ha smesso gli abiti femminili, per indossare quelli da soldato.

Ulisse si complimenta coll’Eroe, il quale ringrazia. Arcade, messo a parte con Ulisse, consiglia di partire immediatamente, poiché Deidamia, furiosa, si sta recando al porto. Mentre s’iniziano le pratiche per la navigazione, Achille si accorge che lo sguardo preoccupato di Arcade è volto verso la terra; egli infatti teme che il re, non avvisato dell’improvvisa partenza, possa impedirla. Ulisse interviene recisamente:

Tronchiamo

Le inutili dimore. Al mare, al mare,

Or che l’onde ha tranquille.

Deidamia riesce a giungere prima che la nave lasci il porto.

Barbaro! è dunque vero

Dunque lasciar mi vuoi?

Rivolgendosi all’amato, il quale tace; così la donna riprende con maggior dolore a pregarlo di rimanere. Le accorate parole di Deidamia scuotono Achille, il quale respinge le accuse di tradimento

Eterna fede

Giurai: la serberò. Legge d’onore

Mi toglie a te; ma tornerò più degno

De’cari affetti tuoi.

Rassicurata, Deidamia risponde:

Al grande amor perdona

I miei trasporti. È ver: se stesso Achille

Deve alla Grecia, al mondo

Ed alle glorie sue. Va; non pretendo

D’interromperne il corso: avrai seguaci

Gli affetti, i voti miei.

Supplica di rimandare la partenza di un solo giorno; Achille chiede consiglio ad Ulisse:

Puoi partir, puoi restar; che a me non lice

Premer più questo suolo;

Che a venir ti risolva, o parto solo.

Vista allora l’estrema risposta di Achille, deciso alla partenza, Deidamia gli rivolge parole ferali

Parti; ma prima

Quel glorioso acciaro

Immergi in questo sen.

Achille chiede ad Ulisse di pazientare un solo giorno, ma la reazione è furibonda:

Olà! rendete

La gonna al nostro eroe. Riposi ormai,

Ché sotto l’elmo ha già sudato assai.

Punto nell’orgoglio, Achille abbandona ogni indugio e si dichiara pronto a partire. Deidamia lo maledice

Va pur, fuggi da me: l’ira de’ numi

Non fuggirai. Se v’è giustizia in cielo,

Se v’è pietà, congiureranno a gara

Tutti, tutti a punirti.

Nel mentre, se ne ravvede e chiede agli dei di esser punita, per aver salvo il futuro dell’uomo, che ama. Sviene ed è immediatamente soccorsa da Achille:

Apri le luci,

Guardami: Achille è teco.

Ulisse intanto si reca dal re, per svelare la vera natura di Pirra, gettando la povera Deidamia nell’angoscia più oscura, nonostante le rassicuranti parole di Achille. La giovane innalza una preghiera agli dei, per sollecitare la protezione in quest’attimo tremendo.

Nearco manifesta a se stesso tutta l’amarezza

Il solo Ulisse

Tutto a scompor bastò.

Nella reggia, Achille non è stato ancor ricevuto dal re; finalmente dopo tanta attesa Licomede annuncia la sua benedizione per le nozze. L’eroe allora ringrazia Teagene, per essersi appartato; dichiara ad Ulisse le prossime tede nuziali, ma prima dovrà servire la Grecia:

Vada, ma sposo tuo. Ti torni al fianco,

Ma cinto di trofei.

Il Coro finale scioglie un inno alla felice coppia, colla benedizione di Amore, della Gloria e del Tempo:

Ecco a recar sen viene

Le amabili catene

A voi, per man de’ numi,

Già fabbricate in Ciel.

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