Il mito di Ermafrodito dalle «Metamorfosi» di Ovidio

In una grotta del monte Ida, le Naiadi allevarono Ermafrodito, figlio di Mercurio e di Citera. Non appena compì quindici anni, abbandonò il luogo d’adozione, per conoscere le bellezze naturali del mondo, rimanendo assai colpito da uno specchio d’acqua nella città di Licia, abitato dalla Ninfa, Salmocide. Era poco avvezza alla caccia, tanto da meritar i rimproveri delle sorelle causa la sua inattività, preferendo bagnarsi le membra, pettinarsi e chiedendo allo specchio d’acqua dei consigli per l’acconciatura.

Quando incrociò lo sguardo con Ermafrodito, stava cogliendo – com’era uso – dei fiori; conquistata dal bel volto del giovane, si rivolse con queste parole:

«O ragazzo, che tanto appari degno d’essere un dio, se sei un dio, puoi essere Cupido, se sei un mortale, beati quelli che ti generarono, felice tuo fratello, fortunata in verità tua sorella, se ne hai una, e quella nutrice che ti porse il seno; ma di gran lunga più beata e più di tutti la tua sposa, se ne hai una, o la donna che riterrai degna d’esserlo.

Se già la possiedi, resti il mio un desiderio segreto, diversamente scegli me e uniamoci nel medesimo letto».

Il ragazzo arrossì, mentre la Ninfa prese coraggio e s’avvicinò, per baciargli il collo color avorio, immediatamente respinta con durezza:

«Smettila! Altrimenti me ne vado e ti abbandono qui!».

Salmocide, davanti all’irrigidimento del ragazzo, smise ogni atto a suo favore e, voltatasi, si allontanò, non prima di aver rivolto un ultimo sguardo a quel bel volto, di cui tanto era stata presa.

Ermafrodito, allora, riprese la sua antica e soave spensieratezza e, attratto da quell’incantevole specchio d’acqua, si sfilò la morbida veste, che avvolgeva le sue carni, per immergersi. Allora, Salmocide, che, non vista, era rimasta ascosa tra la natura, sentì in sé rinascere il desiderio alla vista di quel corpo tanto desiderato così, rompendo ogni altro indugio, si gettò in acqua, lasciando le candide vesti sul prato. Con poche bracciate, raggiunse il giovane, che non poté sottrarsi ai suoi baci ed agli abbracci, «come l’edera che si abbarbica lungo i tronchi, come il polpo che nei fondali sorprende il nemico e lo trattiene allungando da ogni parte i tentacoli». Allora gli dei, assistenti a quel profondo atto d’amore, espressero voti favorevoli, tanto da favorire l’unione dei due corpi in una sola figura, tanto da assumere i caratteri dell’una e dell’altro. Ermafrodito si accorse di aver assunto anche le sembianze femminili e così levò un canto disperato ai suoi celesti genitori:

«Padre mio, madre mia, a vostro figlio, che porta il nome di entrambi, concedete una grazia: ogni uomo che scende in questa fonte ne esca dimezzato, s’infemminisca non appena s’immerge in queste sue acque!».

Mercurio e Citera allora versarono in quelle acque un filtro malefico, perché la volontà di Ermafrodito fosse soddisfatta.

Il racconto dell’androgino, l’essere che racchiude i due elementi creatori in un’unica essenza spirituale oltreché fisica. In ciò si determinerebbe l’annullamento dell’individualità, perché assuma una dimensione maggiore l’idea della creatura. L’atto avviene nell’Elemento Acqua, giustamente, a significare una rinascita anche spirituale oltre che – naturalmente – fisica del nuovo essere, il quale, essendo dotato del due, vivifica l’uno. Il mito racconta quindi la necessità nell’uomo di unire, di pensare in unione con la sua parte sacra, di superare il contrasto, che nasce dalla divisione, cui siamo abituati da una cattiva educazione, che c’induce a sezionare, a dividere, a frammentare. Il processo potrebbe essere considerato giusto nell’ambito di un puro spirito razionalistico, poiché la mente ha necessità d’ordine, ma, entrando in un campo superiore alla ragione, il silenzio e la bellezza dell’Uno richiede necessariamente il superamento della divisione, frutto solo di una mente perfetta nell’operare, in assenza dello spirito.

La preghiera – ascoltata – che ermafrodito eleva ai suoi genitori, affinché chiunque sia immerso nella fonte assuma caratteri maschili e femminili, ricorda – a nostro avviso – le due polarità presenti nell’uomo, il quale è «maschio e femmina», così come Dio «lo» creò.

2 pensieri riguardo “Il mito di Ermafrodito dalle «Metamorfosi» di Ovidio

  1. Non conoscevo il mito di Ermafrodito e mi è molto piaciuto. Interessante anche la spiegazione che trovo impeccabile. Bravo.

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