Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse: la fine di un grandissimo amore

Nei primi giorni del gennaio 1902, D’Annunzio si trovava a Settignano, per completare l’edizione definitiva delle Novelle, correggere ancora la Francesca e trattare il seguito de «Il fuoco» per il mercato americano, che non avrebbe avuto alcun seguito. In occasione del centenario della nascita di Victor Hugo, scrisse un’ode, che avrebbe declamato al Teatro Valle di Roma il 26 gennaio; non sarebbe mancato, ancora una volta, il giudizio caustico del Pascoli: «Hugo e D’Annunzio: il gigante e il suo stronzolo».

Alla fine di marzo, uscì in edizione lussuosa la «Francesca da Rimini», preceduta da una canzone dedicatoria, «alla divina Eleonora Duse». A maggio compì un viaggio nell’Istria, per incontrare dei patrioti irredenti, destando speciale attenzioni dall’occhiuta polizia austriaca. Fu celebrato con entusiasmo quale difensore dell’italianità; ed egli affermò in un discorso la preminenza mondiale della civiltà italiana.

Liana De Pougy (1869 – 1950)

Il giorno 6, arrivò la Duse a Trieste, per inscenare «La città morta», «Francesca da Rimini» e «La Gioconda», replicate poi con successo a Gorizia, dove il Poeta allacciò felice amicizia con l’attrice Liana de Pougy, scatenando l’inevitabile gelosia della Eleonora. Alla fine del mese, la coppia rientrò a Settignano, dove incontrarono l’impresario americano George Tyler, interessato all’organizzazione di spettacoli per la Diva e di conferenze per il Poeta. Purtroppo, le eccesive richieste di Gabriele contrariarono l’impresario, che si concentrò esclusivamente nella trattativa coll’Attrice. Il progetto alla fine sfumò.

D’Annunzio, nei primi giorni di giugno, incontrò l’amico Romain Rolland a Milano, per poi tornare nuovamente a Settignano, per trascorrere le vacanze con Eleonora presso Villa del Secco in Versilia, dove ricevette la notizia dell’imminente uscita delle «Novelle della Pescara».  La vena creatrice del Poeta fu quanto mai feconda, nacque così «imaginato sul lido etrusco e composto nella solitudine di Romena» il nucleo principale di «Alcyone» e circa cinquanta sonetti «in gloria di venticinque città italiane», come avvisò il Treves.

Romain Rolland fu ospite della coppia nel mese di settembre; trovò un’atmosfera tesa a causa della gelosia, che affliggeva la povera Eleonora nei riguardi della de Pougy, consapevole, oltretutto, di essersi debilitata nel fisico, nel morale e nelle finanze per colpa di Gabriele. L’imminente giro di spettacoli in America destava ansia e preoccupazione, poiché l’Attrice era certa che avrebbe segnato il definitivo distacco. «Ero folle di lei – scriverà il D’Annunzio nel suo «Libro segreto», ricordando quei giorni – oblioso, incolpevole. L’infedeltà fugace dava all’amore una novità inebriante». Alla fine del mese, si recò a Bologna dall’editore Zanichelli, per incontrare il Carducci, il quale aveva ormai deposto l’antica avversione verso il Poeta, che esaltava, ricevendo ringraziamenti e belle parole in cambio.

Mentre la Duse si preparava per il giro americano, dove il pubblico non avrebbe troppo gradito le tragedie del Poeta, definite dalla critica «prolisse, verbose, noiose, povere di pensiero e bolse d’enfasi», lo Scrittore fu impegnato nella stampa delle «Laudi» e nell’arredamento fastoso della Capponcina con le rimesse di denaro dall’America.

Nei primi giorni di gennaio 1903, D’Annunzio si allogò presso l’Hotel Cavour di Milano, per la traduzione delle sue tragedie in Francia e la pubblicazione in Italia della «Laus Vitae». In febbraio, destò preoccupazione lo stato di salute della Duse, stremata dalla lunga trasferta americana; dovette in fretta recuperare le forze, per prepararsi ad un nuovo giro di rappresentazioni in Russia. Il D’Annunzio attendeva solo che l’Attrice capisse la fine del loro rapporto.

In aprile terminò le «Laudi», il cui penultimo canto, «Saluto al Maestro» era dedicato al Carducci, al quale non piacque e biasimò il vaticinio dannunziano della fine del cristianesimo e la sostituzione della Vergine con Venere Afrodite.

Verso la metà di maggio, uscì «Laus Vitae», il primo libro delle annunciate «Laudi del Cielo, del Mare, della Terra e degli Eroi», che ricevette consensi e dissensi.

Nella prima settimana di giugno, la Duse era a Settignano; nel mese di luglio la coppia di trasferì a Nettuno. Il D’Annunzio si avvicinò al Pascoli, sanando così antichi diverbi.

Dalla fine di luglio, Gabriele apprestò «La figlia di Iorio», tragedia pastorale, che avrebbe terminato il 29 agosto, disturbato dalla corrispondenza col Treves, dalla Gravina sempre avida di denari, dalla rabbia seguente alla bocciatura del figlio Mario ed, infine, dalle fughe di pochi giorni, che si concedeva lontano da Eleonora. Si dedicò quindi alla caccia alla volpe in compagnia della bella nobiltà romana, tra cui Alessandra Starabba di Rudinì; la Duse, intanto, partì per un lungo giro di rappresentazioni in Europa. Rimasto solo, il Poeta fu inviato il 14 settembre a Viareggio per un discorso commemorativo sul poeta Shelley.

Alessandra Starabba di Rudinì (1876 – 1931)

In ottobre, partecipò al matrimonio di Carlo di Rudinì e Dora Labouchère, dove incontrò nuovamente la marchesa Alessandra di Rudinì, ventisettenne, vedova da tre anni del padre dei suoi due figli, il marchese Marcello Carlotti. Bionda, occhi celesti, corpo perfetto e carne del colore della porcellana, fu subito ribattezzata dal Poeta Nike. L’attrazione fu reciprocamente fulminea, subito registrata dalle cronache mondane. Alla fine del mese, Gabriele le scrisse, per la prima volta, «Vi amo»; Alessandra rispose dubbiosamente, poiché conosceva il trascorso affettivo burrascoso ed estremamente licenzioso del Poeta, il quale – ben conoscendo il cuore della nuova fiamma – lasciò che trascorresse del tempo, impegnandosi nell’accordo colla compagnia di Virgilio Talli per la rappresentazione de «La figlia di Iorio», protagonista la Duse almeno per le recite di Milano e Firenze, sostituita poi da Irma Gramatica; nel ruolo del pastore Aligi avrebbe debuttato Ruggero Ruggeri.

Seguirono immediatamente i preparativi per la messa in scena sotto l’attenta direzione dell’Autore, mentre tristi notizie arrivarono dal figlio Mario, rimandato. L’altra figlia, Cicciuzza avrebbe dovuto essere iscritta al collegio femminile di Poggio Imperiale in Firenze; la retta, anticipata dalla Duse e finita nelle mani di D’Annunzio, era stata impiegata dal Poeta nell’acquisto di un cavallo. Intervenne risoluto Marco Praga nella soddisfazione del credito, rifacendosi poi percentualmente sulle spettanze annuali del D’Annunzio.

Il 13 novembre, Alessandra di Rudinì si presentò alla Capponcina, preceduta da una lettera: «Ho la mente, il cuore, i sensi pieni di voi. Mi avete rivelato l’amore. Ho sete e fame di voi e vi amo più della mia felicità, della mia pace e del mio amore». La passione trionfò: «Vi è nulla in me che ti sia dispiaciuto? Nella mia carne o nell’anima mia?», scrisse la donna al Poeta dopo il loro primo incontro carnale. Purtroppo le lettere di Gabriele ad Alessandra furono probabilmente distrutte dalla donna, quando decise di prendere il velo; fortunatamente vi è copia dell’epistolario dell’amante, indirizzato al Poeta.

Il 15 novembre, arrivò Eleonora, stanca e rovinata finanziariamente: la «Francesca» a Londra era caduta miseramente. Alla fine di dicembre, il Treves pubblicò il terzo libro delle «Laudi», «Elettra» e «Alcyone». Il successo fu unanime.

Il Natale fu trascorso a Settignano; la Duse immaginava o forse si augurava che la passione per Alessandra fosse alla fine. La Rudinì si risentì col Poeta, perché preferiva trascorrere le festività coll’Attrice.

Il 2 gennaio, la Duse partiva per un lungo giro di spettacoli in Francia, mentre Gabriele era a Milano per la messa in scena de «La figlia di Iorio», fissata per il 2 marzo presso il Teatro Lirico, in cui il D’Annunzio avrebbe sostituito la partecipazione della Duse con Irma Gramatica. Il Poeta approfittò dell’inadeguata copertura finanziaria offerta da Eleonora, la quale, oltretutto, versava anche in condizioni fisiche non ottimali a causa del riacutizzarsi della sua affezione tubercolare. Non si arrese e tempestò di lettere il Poeta, per assicurarsi la prima, mentre il Poeta viveva la fase più calda della storia con Alessandra, raggiungendola ora a Settignano, a Verona ed a Roma. Le grida disperate di Eleonora non toccarono l’animo del Poeta: «Ah misero! Miseri tutti! Dove andrò, cosa farò, ignoro! Salvati da te stesso!», gli scrisse il 26 febbraio 1903.

Il 2 marzo, intanto, «La figlia di Iorio» ottenne un successo trionfale; la Duse inviò un’ulteriore lettera a Gabriele, dichiarandosi definitivamente morta. Non ricevendo alcuna risposta, s’ingegnò di scrivere alla rivale: «da donna a donna», in cui le chiedeva se fosse stata disposta ad amare il Poeta quanto lei. Dopo aver ricevuto una risposta affermativa, in un’altra missiva le chiese un incontro, che forse non si concretizzò. Continuò inutilmente a scrivere a Gabriele, in tono languido, malinconico, ma anche speranzoso, ma tutto era inutile. Impossibile richiamare in vita ciò che era morto per sempre.

Eleonora Duse

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