«Cara piccola, ho trovato qui gran freddo e il mio raffreddore è peggiorato. Una notte, dopo la rappresentazione di «Sumurun», restai due o tre ore in un restaurant con Reinhardt, Kloster, Vollmoeller ecc.; e l’orribile fumo del tabacco mi irritò la gola in modo che per due giorni non ho potuto parlare.
Sono triste e annoiato. I giorni passano in continue confabulazioni. Reinhardt, uomo curioso, non conosce una parola di francese! Parla soltanto il tedesco. E’ un uomo indeciso e fuggevole. C’è, nell’aria, l’odore della decomposizione. Fokine lascia i russi. Reinhardt – che ha elementi molto mediocri nella sua compagnia – vorrebbe unirsi ai Russi per fare una mia pantomima. Ma.me Rubinštejn è in lotta feroce con Diaghilev. Diaghilev mi fa la corte perché io dia a lui un mimodramma. E il tempo si perde in pettegolezzi e recriminazioni.
Il Teatro è veramente un ignobile casa di prostituzione; e tuttavia attira sempre.
Stamani vado con Reinhardt a colazione da Sarah. C’è il disegno di dare l’Edipo, con Sarah nella parte di Giocasta. E io dovrei fare un’«adattazione» della tragedia di Sofocle.
Il «Sumurm» è interessante, con un miscuglio di cose belle e di cose ridicole e puerili. Credo che non avrà il successo commerciale. Iersera c’era poca gente.
Reinhardt vuol dare a Berlino il San Sebastiano con l’attore Moissi nella parte del Martire – e la «Francesca» con Agnese Sorma.
Insomma disegni innumerevoli, e inconcludenti, per ora.
Vorrei ripartire domani mercoledì. Ricordi infatti m’aveva promesso di sbrigare la faccenda con Zandonai mercoledì.
Sinceramente, qui mi annoio, e sto poco bene.
Non ho veduto che questa gente di teatro.
Anche Puccini ora vuole un poema da me!
A rivederci, cara cara piccola. La notte sono molto triste nel mio letto solo.
29 maggio 1912»
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E’ una delle rare lettere, in cui il Poeta informa in parte dell’attività, che sta svolgendo, gl’incontri ed i tanti progetti, che sfumeranno, nonostante la volontà e magari anche l’impegno degli eminenti personaggi citati.
La lettera fu scritta dall’Hotel Meurice di Parigi, dove il Poeta soggiornava, per incontrarsi con Renzo Sonzogno e Pietro Mascagni, ai quali avrebbe letto la «Parisina» per la musica del compositore livornese.
Il «Sumurum», pantomima del commediografo tedesco, Friedrich Freska andava in scena presso il Teatro del Vaudeville di Parigi per la regia di Max Reinhardt, una delle personalità più rilevanti del XX secolo. Il D’Annunzio gli rimprovera di non conoscere che il tedesco e lo stima «indeciso e fuggevole». Il Reinhardt nutriva forte stima nei riguardi del commediografo, perché sembrava interessato alla realizzazione in Germania del Martyre, protagonista Alexander Moissi, una delle personalità attoriali più spiccate ed interessanti dell’epoca e la «Francesca» con Agnese Sorma, vera dea per i maggiori uomini di cultura tedeschi, tra cui Thomas Mann, e la più grande attrice tedesca del periodo naturalista.
Reinhardt, oltretutto, desiderava unirsi ai russi di Michel Fokine, ballerino e coreografo, al fine di realizzare un lavoro di Gabriele; il Poeta sembra piuttosto scettico sulla realizzazione.
Quindi un poco di pettegolezzi di altissimo livello (per le persone coinvolte); la danzatrice Ida Rubinštejn che aveva interpretato il dramma «Le martyre de Saint Sébastien» e (nel 1914) la commedia «La Pisanella» non era in buoni rapporti con Diaghilev, creatore nel 1909 la compagnia dei Balletti russi, il quale chiedeva allo Scrittore un suo lavoro. Il teatro è solo un postribolo: chiacchiere e chiacchiere. Null’altro.
Aveva fissato un appuntamento con Sarah Bernhardt, già interprete della sfortunata versione francese de «La città morta», per parlare di un progetto – mai realizzato –: «Edipo» nell’adattamento di Gabriele.
Oltre ai lavori teatrali, il D’Annunzio era reclamato anche dall’editore, il commendatore Giulio Ricordi e dal maestro Riccardo Zandonai, che nel 1914, avrebbe posto in musica il suo capolavoro «Francesca da Rimini» su libretto del Poeta.
Singolare invece l’attrazione di Giacomo Puccini, che in una lettera si dichiarava «assetato» di ricevere un libretto dal D’Annunzio, come tutti i suoi colleghi. Gli fu proposta «La rosa di Cipro», che non piacque; dopo una seconda richiesta, spinto dai soliti angosciosi problemi economici, Gabriele promise «La crociata degli Innocenti».
Emerge un D’Annunzio malinconico, poco fiducioso, stanco delle troppe chiacchiere, che spesso disegnano scenari troppo immaginifici. Avrebbe desiderato forse rifugiarsi tra le braccia di Natalia e dimenticare i rumori del mondo.
GABRIELE D’ANNUNZIO. Lettere a Natalia De Goloubeff (1908 – 1915) a cura di Andrea Lombardinilo. Casa Editrice Rocco Carabba 2005, pg. 464 e seg.