Dante Alighieri. Le origini

Molti biografi danteschi hanno stabilito che Dante Alighieri discendesse dalla nobile stirpe romana dei Frangipane, dominante la storia di Roma dell’XI e XII secolo, grazie agli accordi che via via stipularono coll’imperatore o coi pontefici, di cui presero parte importante nel novero delle elezioni. Un membro di quella famiglia, tal Eliseo, si sarebbe stabilito in Firenze, mutando il cognome in Elisei. Dante, stesso, sottolineò la sua appartenenza ad una famiglia d’origine romana, colonizzatrice di Fiorenza.

Come tutti membri delle famiglie nobili fiorentine, abitò in centro, mentre i contadi, assai disprezzati dal Poeta, prendevano stanza soprattutto nei borghi.

La gente nuova, e i subiti guadagni,

Orgoglio e dismisura han generata,

Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni1.

Leonardo Bruni (1270 – 1444)

Gli Elisei possedettero dei castelli nel contado e torri nella città; le case si trovavano nel sestiere di Porta San Pietro, come testimoniò Leonardo Bruni:

«Gli Alighieri abitarono in sulla piazza dietro a san Martino del Vescovo, dirimpetto alla via che va a casa i Sacchetti e dall’altra parte si stendono verso le case de’ Donati e de’ Giuochi2».

Nell’800, Eliseo Elisei fu creato cavaliere da Carlo Magno2; nel 1019 un Ansaldo Elisei accompagnò insieme ad altri gentiluomini la visita di Arrigo II3 in Firenze. L’omicidio di Buondelmonte, caduto nel giorno di Pasqua del 1215, avrebbe causato la divisione tra Guelfi e Ghibellini, coll’adesione degli Elisei a quest’ultima parte3. L’ultimo discendente lo ritroviamo in Buonaccorso, che vergò il testamento nel 13714.

Cacciaguida (1091 – 1148)

Nel 1091, nacque Cacciaguida Degli Elisei, che sposò una donna degli Aldighieri di Ferrara, da cui avrebbe avuto un figlio, Aldighiero, che avrebbe fornito ai discendenti il cognome Aldighieri, quindi Alighieri. Nel 1148, iniziò la Seconda Crociata dell’Europa contro l’Islam e Cacciaguida seguì l’imperatore Corrado II in Terra Santa, dove cadde a seguito della sconfitta dell’esercito crociato.

Gli Alighieri di parte Guelfa, furono costretti all’esilio per ben due volte: nel 1248, furono cacciati da Federico d’Antiochia; nel 1260 dopo la sconfitta di Montaperti, nel. Ma

S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogni parte,

l’una e l’altra fiata5.

Dopo la morte dell’imperatore Federico II di Svevia, nel 1251, la famiglia rientrò; successivamente nel 1260, dopo che Carlo I d’Angiò, conte di Provenza, tolse a Manfredi di Svevia i reami di Puglia e della Sicilia.

Il babbo di Dante svolgeva professione di giureconsulto, mentre la mamma, Bella, non sappiamo a quale famiglia appartenesse. Dante nacque in Firenze nel 12651, sotto il segno zodiacale dei Gemelli, com’egli ricorda nel XXII Canto del Paradiso (versi 110 – 17).

io vidi ‘l segno

che segue il Tauro e fui dentro da esso.                    

O gloriose stelle, o lume pregno

di gran virtù, dal quale io riconosco

tutto, qual che si sia, il mio ingegno,                           

con voi nasceva e s’ascondeva vosco

quelli ch’è padre d’ogne mortal vita,

quand’io senti’ di prima l’aere tosco;

Brunetto Latini (1220 ca. – 1294 o 1295)

L’incertezza regna sul giorno, che probabilmente cadde verso la metà di maggio, poiché non essendo ancora intervenuta la correzione gregoriana, il Sole entrò nel segno dei Gemelli il 14 maggio. L’astrologia riteneva che il segno dei Gemelli, essendo dominato da Mercurio, il messaggero degli Dei, fosse assai favorevole agli studi della letteratura e della scienza. Probabilmente ci fu una lettura del tema natale, da parte del Brunetto Latini, per ciò che egli afferma nel Canto XV dell’Inferno:

Se tu segui tua stella,

Non puoi fallire a glorioso porto,

Se ben m’accorsi nella vita bella.

E s’io non fossi sì per tempo morto,

Veggendo il cielo a te così benigno,

Dato t’avrei all’opera conforto.

Sarebbe quindi stato il suo maestro a predire la gloria immortale, segnata dal destino nella vita dell’allievo.

Giovanni Boccaccio(1313 – 1375)

Per rendere, ancor più miracolistico l’imminente nascita del Sommo, Giovanni Boccaccio7, profondo estimatore di Dante, attribuì alla mamma un sogno miracoloso:

«Parea alla gentile donna nel suo sogno essere sotto un altissimo alloro, posto sopra un verde prato, allato ad una chiarissima fonte, e quivi si sentia partorire uno figliuolo; il quale in brevissimo tempo nutricandosi solo delle orbacche, le quali dello alloro cadevano, e delle onde della chiara fonte, le pareva che divenisse un pastore, e s’ingegnasse a suo potere d’avere delle frondi dello alloro, il cui frutto lo aveva nudrito: e a ciò sforzandosi, le parea vederlo cadere, e nel rilevarsi non più uomo, ma pavone il vedea divenuto».

La pianta dell’alloro, con cui si cinge la fronte del Poeta, era un attributo mitologico riservato al mito di Dafne ed Apollo; il pavone era attribuita a Giunone, moglie di Giove.

Ricevette il battesimo nell’antico tempio di S. Giovanni, dove gli fu posto il nome di Durante, presto alterato in Dante.

Dante fu diligentemente istruito nelle discipline liberali, come afferma Leonardo Bruni:

«Nella puerizia sua nutrito liberalmente, e dato a’ precettori delle lettere, subito apparve in lui ingegno grandissimo, e attissimo a cose eccellenti. Confortato da’ propinqui, e da Brunetto Latini, valentissimo uomo secondo quel tempo, non solamente a litteratura, ma agli altri studii, liberali si diede, niente lasciando indietro che appartenga a far l’uomo eccellente. Né per tutto questo si racchiuse in ozio, né privossi del secolo, ma vivendo e conversando cogli altri giovani di sua età, costumato ed accorto e valoroso, ad ogni esercizio giovanile si trovava2».

Il Boccaccio scrisse:

«[…] dal principio della sua puerizia, avendo già li primi elementi delle lettere appresi, […] si diede alle fanciullesche lascivie ed agli ozii, nel grembo della madre impigrendo, ma nella propria patria la sua puerizia con istudio continovo diede alle liberali arti, e in quelle mirabilmente divenne esperto. E crescendo insieme cogli anni l’animo e l’ingegno, non a’ lucrativi studii, a’ quali generalmente corre oggi ciascuno, si dispose, ma ad una laudevole vaghezza di perpetua fama: e sprezzando le transitorie ricchezze, liberamente si diede a volere aver piena notizia delle Azioni poetiche e dello artifizioso dimostramento di quelle. Nel quale esercizio familiarissimo divenne di Virgilio, di Orazio, di Ovidio, di Stazio e di ciascun altro poeta famoso; e non solamente avendo caro il conoscerli, ma ancura altamente cantando s’ingegnò d’imitarli, come le sue opere dimostrano. E avvedendosi le poetiche opere non esser vane o semplici favole o maraviglie (come molti stolti estimano), ma sotto sé dolcissimi frutti di verità storiografe e filosofiche avere nascosi; per la qual cosa pienamente senza le istorie e la morale e la naturale filosofia, le poetiche invenzioni avere non si poteano intere; partendo i tempi debitamente, le istorie da sé, e la filosofia sotto diversi dottori s’argomentò, non senza lungo affanno e studio, d’apprendere.[…] niuna parte di filosofia non vista da lui rimanesse, nelle profondità altissime della teologia con acuto ingegno si messe […] con assiduo studio pervenne a conoscere della divina essenza e delle altre separate intelligenze quello, che per umano ingegno qui se ne può comprendere6».

Dante maturò nella sua intimità la tecnica della rima, che scrisse nella Vita nuova7:

« e con ciò fosse cosa che io avesse già veduto per me medesimo l’arte del dire parole per rima, proposi di fare un sonetto».

Giovanni Villani (1280 – 1348)

Brunetto Latini, come affermò Giovanni Villani8 «fu gran filosofo, e sommo maestro in rettorica, tanto in bene saper dire, come in bene dittare (bene scrivere). E fu quegli che spuose la Rettorica di Tullio, e fece il buono ed utile libro detto Tesoro, e il Tesoretto, e la Chiave del Tesoro, e più altri libri in filosofia, e de’ vizii e delle virtù; e fu dittatore (segretario) del nostro Comune. Fu mondano uomo, ma di lui avemo fatta menziono, perocché egli fu cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini, e farli scorti in bene parlare, e in saper guidare e reggere la nostra repubblica secondo la politica».

Per difetti morali, il Latini fu posto all’Inferno da Dante, il quale – incontrandolo – gli rivolge comunque parole di apprezzamento per l’insegnamento ed affetto filiale. Non fu probabilmente l’unico insegnante, sicuramente il Maestro.

(1) DANTE ALIGHIERI. Inferno, Canto XVI, v. 73 – 75.

(2) LEONARDO BRUNI. Della vita studi e costumi di Dante. Sansoni, Firenze 1917.

(3) RICORDANO, GIACOTTO MALISPINI. Storia fiorentina, Sonzogno 1927.

(4) FERDINANDO LEOPOLDO DEL MIGLIORE, PIETRO ANTONIO DELL’ANCISA. Firenze città nobilissima illustrata. Forni 1684.

(5) DANTE ALIGHIERI. Inferno, Canto X, versi 49 – 50.

(6) GIOVANNI BOCCACCIO. Trattatello in laude di Dante. I grandi libri Garzanti, Garzanti 1995.

(7) DANTE ALIGHIERI. Vita nuova, § III. Edizione nazionale delle opere di Dante – Società Dantesca Italiana – Firenze : Bemporad, 1932, pg. 13.

(8) GIOVANNI VILLANI. Nuova cronica. Biblioteca di scrittori italiani; Ugo Guanda Editore 1991, pag. 233 e segg.

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