Il mito di Medea secondo Diodoro Siculo

Il Sole generò Eeta, destinato al regno della Colchide, e Perse, a cui fu attribuito il regno della Tauride. Da Perse nacque Ecate, che superò in crudeltà il babbo. Dedita alla caccia, se non trovava degli animali da trafiggere, saettava gli uomini; si dilettava nella composizione di farmaci mortiferi, che spesso mescolava insieme al cibo da offrire agli ospiti. Quando giunse la perfezione nel terribile esperimento, uccise il babbo, Perse, per usurparne il regno. Fece elevare un tempio a Diana, dove sarebbero stati sacrificati gli stranieri capitati navigando. Si maritò con Eeta (lo zio), col quale generò due figlie: Medea e Circe, ed il maschio Egialeo.

Dosso Dossi – Circe (Galleria Borghese, Roma)
Ecate

Circe si applicò con grande successo nelle composizioni mediche attraverso l’uso delle radici; sposò il re dei Sarmati o Sciti, il quale fu presto ucciso dalle pozioni preparate dalla maga, per occuparne il regno e governare con eccessiva crudeltà, a causa della quale sarebbe stata cacciata e costretta a navigare con a seguito diverse donne, che, arrivate in Italia, avrebbero occupato un promontorio, chiamato poi Circeo.

Medea fu istruita dalla mamma, Ecate, e dalla sorella, Circe, alla dottrina magica, che fu utilizzata, al fine di liberare da ogni pericolo gli ospiti del regno; spesso ricorreva a preghiere e scongiuri o impetrando la salvezza dei condannati al babbo, Eeta, il quale si accorse che la giovane figlia non fosse versata alla pratica crudele. Decise, allora, che fosse sottoposta allo stretto controllo delle sentinelle, costringendo la ragazza, poco dopo, a fuggire, per ricoverarsi presso un tempio del sole, situato sulla riva del mare, Coleo.

Berthel Torvaldsen – Giasone e il vello d’oro (Thorvaldsen Museum, Copenaghen)

In quel periodo, gli Argonauti, sorpassata la Tauride, approdarono nei pressi del tempio ed incontrarono Medea, in riva al mare, che immediatamente raccontò la fine atroce destinata dal babbo agli stranieri, i quali, garantiti dalla preziosa informazione, le confidarono la loro destinazione. Medea, allora, propose di collaborare, mentre l’Eroe Giasone, in cambio, le promise che l’avrebbe sposata. La donna quindi li accompagnò, perché s’impossessassero del vello d’oro.

Elle e Frisso

Alcuni scrittori narrano che Frisso, figlio di Atamante, per salvarsi dalle insidie della matrigna, fuggì dalla Grecia accompagnata dalla sorella Elle sul vello d’oro volante. Durante il volo, la ragazza cadde nel Ponto, mentre Frisso continuò il suo viaggio verso la Colchide, ove, per ordine dell’oracolo, sacrificò l’ariete, depositando, consacrandola, la pelle nel tempio di Marte. Un oracolo profetizzò al re Eeta che sarebbe morto, quando fossero giunti dei naviganti, per trarre il vello dal tempio, per ciò ogni straniero sarebbe stato trafitto.

Il re ordinò degli imponenti lavori, facendo circondare con un’ampia muraglia il tempio ed ordinando la presenza di un folto presidio di soldati, provenienti dalla Tauride. Dei tori, spiranti fiamme dalle narici ed un drago – infine – conclusero l’estrema difesa del prezioso oggetto. A proposito dei due animali, alcuni narratori scrissero che la presenza dei Tori sarebbe stata tratta dalla regione Tauride, mentre il drago dal nome del comandante della custodia del tempio: Dracone.

Intanto il drappello degli Argonauti giunse di notte nei pressi del tempio di Marte, accompagnati da Medea, la quale ordinò alla guardie di aprire le porte, per permettere agli uomini, guidati da Giasone, di rapire il vello, mentre il drago moriva, per aver ingurgitato del veleno, preparato dalla donna.

I pochi soldati rimasti in vita avvisarono il re dell’assolto, che ordinò di seguire in mare i Greci, i quali furono raggiunti, anche se Ifito, fratello di Euristeo, fu ucciso e gettato in mare. Meleagro, principe di Calidone, uccise gran parte degl’inseguitori ed il re, Eeta. Nello scontro, rimase ferito l’Eroe, Giasone, Laerte, padre di Ulisse, Atalanta e i Tespiadi, figli del re Tespio, che furono immediatamente ristabiliti dalle erbe magiche di Medea.

Attribuito a Hugues Jean François Paul Duqueylard – Orfeo (Collezione privata)

Durante il viaggio di ritorno, i naviganti s’imbatterono in un forte vento, che Orfeo, attraverso il suo canto, riuscì a placare. Glauco, costruttore della nave, predisse ad Ercole le fatiche, che avrebbe dovuto sostenere, per assurgere alla gloria; assicurò i figli di Giove, che si sarebbero chiamati Dioscuri e che avrebbero assicurato presso i mortali lo stesso onore degli Dei. Quindi augurò la presta e felice riuscita dell’impresa, tuffandosi in mare.

Quando gli Argonauti furono giunti presso le bocche del Ponto, sbarcarono presso il regno di Bisanzio, per innalzare inni agli Dei. Approdarono poi alla Troade, dove Ercole incaricò Ificlo, suo fratello gemello, e Telamone di chiedere i cavalli ad Esione. Il re di Troia, Laomedonte, ordinò la prigionia dei due messi e chiese aiuto ai figli, attraverso delle insidie, di recar morte agli Argonauti; solo un figlio, Priamo, si astenne dalla congiura, anzi portò due spade ai prigioni, salvando loro la vita.

Tornati sulla nave Argo, raccontarono l’accaduto agli altri compagni di viaggio, i quali si armarono, per combattere contro la città di Troia sconfiggendoli. Priamo fu ringraziato colla consegna del regno.

Dopo questa memorabile impresa, gli Argonauti arrivarono in Samotracia, dove sciolsero larghi voti alle Deità.

Maria Callas in “Medea” dal film di Pier Paolo Pasolini

Intanto, s’era sparsa calunniosa voce che Giasone fosse caduto nei pressi del Ponto; il re Pelia obbligò il padre dell’eroe a bere del sangue di toro ed uccise il fratello di Giasone. Restava in vita solo la mamma dell’Eroe, Anfinome, la quale, impegnata in un rito di maledizione sul re, rivolse contro sé la spada uccidendosi. Si credettero quindi estinti tutti i membri della famiglia del capo degli Argonauti. Quando Giasone prese porto in Tessaglia ed appresi i tragici lutti familiari, organizzò una spedizione contro il re Pelia, ma, contati i soldati, decisero che fosse insufficiente il numero. Allora Medea intervenne, proponendosi di uccidere il re, attraverso dei veleni, serviti dalla madre Ecate e dalla sorella Circe. A fatto tragico compiuto, avrebbe quindi prodotto dei segnali di fumo, se di giorno; di fiamma, se di notte.

Diana (Copia romana di originale ellenistico, Museo del Louvre)

All’interno di un simulacro di Diana, sistemò le sue pozioni, mentre si presentava in città truccata da vecchia. Immediatamente fu attorniata dalle persone del luogo, che la credono invasa dal Nume, ed ella fa credere di essere giunta, in nome della Dea, per dispensare salute e prosperità a tutti. Mentre il popolo si era votato a sacrifici e preghiere, Medea ne approfittò, per introdursi nella reggia, salutata quale novella Diana dal re e dai cortigiani. Al fine di conquistare la fiducia di Pelia, dichiarò che i suoi magici medicamenti avrebbero tolto i segni della vecchiaia, restituendo la vigoria della giovinezza. Così operò sul suo corpo, a dimostrazione di quanto dichiarato, ed in pochi istanti ripristinò la gioventù, coperta dalle pozioni magiche. Pregò i convenuti di tacere su quanto visto, mentre avrebbe operato, per mezzo delle figlie, sul corpo del Re. Al calar della notte, avrebbero dovuto inserire il corpo di Pelia all’interno di un calderone bollente, onde recuperare la piena gioventù ed a suffragio di quanto richiesto, chiese un vecchio ariete, per cuocerlo e farlo tornare agnello. Attraverso dei sortilegi, dalla pentola fu estratto un’apparenza di agnello. Giunta la notte, tutte le figlie si radunarono, per bollire il corpo del babbo, che procedeva accompagnato da Alceste. Morto Pelia, Medea inserì i pezzi nella caldaia, quindi pregò le figlie del defunto di seguirla sulla torre della città con delle fiaccole, per celebrare un inno alla luna. Era il segnale per gli Argonauti, i quali si mossero, per espugnare il palazzo reale con Giasone alla testa del drappello. Le figlie di Pelia, resesi conto dell’inganno, tentarono il suicidio, impedite dagli uomini presenti, i quali promisero miglior sorte. Giasone nominò Acasto, figlio di Pelia, successore e si raccomandò che si prendesse cura delle sorelle, che furono destinate a diventar spose degli uomini più nobili e ricchi del regno.

Nell’istmo del Peloponneso, Giasone compì un sacrificio in onore di Nettuno, a cui fu consacrata anche la nave, Argo e stabilendovi, con Medea, il suo domicilio presso la città di Corinto. Dal matrimonio, nacquero due figli gemelli, Tessalo ed Alcimene ed un terzo, Lisandro. Quando i primi segni del tempo si fermarono sul volto della donna, Giasone mosse le sue attenzioni presso la bella Glauce, figlia del re Creonte, che decise di sposare, ripromettendosi di vivere anche con Medea, al fine di donare un contesto reale ai tre figli. La maga reagì malamente alla proposta di Giasone, che fu costretta ad allontanarla dalla città e così, l’ultima notte, prima della partenza, incendiò il palazzo. Le fiamme divorarono Glauce e Creonte, mentre ebbe salva la vita Giasone.

Maria Callas in “Medea” dal film di Pier Paolo Pasolini

La vendetta si volse contro l’Eroe argonauta, di cui uccise i figli, tumulando i cadaveri nel tempio di Giunone e quindi, approfittando della notte, si recò, con alcune ancelle, a Tebe presso Ercole. Giasone si tolse la vita. Quando il Tebano dovette affrontare le famose prove, Medea si spostò in Atene, per maritarsi con Egeo, dal quale ebbe Medo, futuro re dei Medi.

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